Il pianista: la vera storia e le atrocità della guerra fanatica, dietro il film capolavoro di Roman Polański

Un film che non dà pace mai, neanche per un'istante, perché il carico storico ed emotivo è troppo forte.....

Questo film dell'anno 2002, racconta della deportazione degli ebrei nel corso della Seconda guerra mondiale.
 La trama si affida alla storia di Władysław Szpilman, un pianista ebreo realmente vissuto in quegli anni, trovatosi a poter contare solo sulla musica come strumento di sopravvivenza, fisica e spirituale.
 Quanto nel film narrato è basato sull’autobiografia di Szpilman dal titolo omonimo. In essa Polański ha ritrovato molta della propria esperienza personale: anche lui infatti sopravvisse a un ghetto polacco e ai campi di concentramento dove la sua famiglia perse invece la vita. 

Premiato con la Palma d’Oro al Festival di Cannes e poi agli Oscar, dove Polański ha vinto il premio per la miglior regia, Il pianista ripercorre dunque una delle pagine più nere della storia dell’umanità con una sensibilità e un gusto per la messa in scena rari.
  Il racconto ha inizio nella Varsavia del 1939. La Germania ha appena dichiarato guerra alla Polonia e quella che diventerà la Seconda guerra mondiale ha così inizio. In tale contesto, Władysław Szpilman è un giovane e prodigioso pianista ebreo la cui vita viene drammaticamente sconvolta da questo evento, similmente a quella di tutti gli altri ebrei.
 Con l’occupazione di Varsavia, infatti, la libertà individuale e quella collettiva vengono definitivamente messa al bando. Il giovane Szpilman si ritrova esiliato insieme ai suoi familiari e a tutti gli ebrei della città all’interno di un Ghetto.
 Eppure, egli non si lascerà schiacciare dalle avversità e cercherà di lottare fino all’ultimo per la propria libertà. In questo, la musica si rivelerà una preziosa alleata.

 Władysław Szpilman, è nato il 5 dicembre del 1911 in una famiglia ebrea di musicisti. Mentre il padre era violinista, sua madre suonava invece il piano ed è proprio questo secondo strumento che Szpilman decide di imparare a suonare. Ha così preso le sua prime lezioni di pianoforte con sua madre, sapere che questa scelta in futuro gli avrebbe salvato la vita. Szpilman decide infatti di portare avanti quella sua passione, ottenendo poi una borsa di studio dal 1931 al 1933 presso l’Accademia delle Arti di Berlino.

 Nel 1935, Wladyslaw Szpilman divenne il pianista della Radio di Stato polacca a Varsavia, suonando opere classiche e jazz. Suonò qui fino al 1 settembre 1939, il giorno in cui la Germania invase la Polonia e mise in moto gli eventi della Seconda guerra mondiale. I tedeschi hanno poi costretto la radio di stato polacca a chiudere e l’ultima trasmissione in diretta che la gente ha potuto ascoltare prima dell’occupazione tedesca è stata l’esecuzione di Szpilman del Notturno in do diesis minore di Chopin. Wladyslaw Szpilman e la sua famiglia furono poi collocati nel ghetto di Varsavia, il più grande di tutti i ghetti ebraici istituiti dai nazisti durante la seconda guerra mondiale.

 IL ghetto, estremamente angusto, imprigionava oltre 400.000 ebrei e forniva minime razioni di cibo. Periodicamente si verificavano deportazioni, con le quali alcuni ebre veniva trasferiti nei campi di concentramento. Nonostante ciò, Szpilman ha continuato a suonare e per mantenere la sua famiglia, ha lavorato come pianista in un caffè chiamato Café Nowaczesna. L’estate del 1942 fu però l’inizio delle deportazioni su larga scala nei campi di concentramento e di sterminio. Sebbene siano riusciti a stare al sicuro per un po’, alla fine Szpilman e la sua famiglia ricevettero l’ordine di essere deportati a Treblinka, un campo di sterminio in Polonia.

 Al momento di essere deportati, però, un membro della polizia del ghetto ebraico riconobbe Szpilman da uno dei suoi concerti e lo portò via prima che salisse sul treno. Sebbene si fosse salvato, Szpilman dovette guardare i suoi genitori, il fratello e le due sorelle venire spediti a Treblinka, dove nessuno di loro sarebbe sopravvissuto. 

Szpilman rimase nel ghetto film al 13 febbraio 1943, quando riuscì a fuggire. Per lui ha inizio un periodo di vagabondaggio, che lo porterà ad incontrare un ufficiale tedesco, Wilm Hosenfeld, il quale dopo aver scoperto delle sue abilità con il pianoforte gli chiese di suonare per lui un brano di Chopin.

 Successivamente, Hosenfeld ha continuato a tenere nascosto Szpilan. Gli portava periodicamente pane e marmellata e gli lasciò un soprabito militare tedesco per non soffire il freddo. I tedeschi furono poi sconfitti nel 1945. Wladyslaw Szpilman era sopravvissuto alla guerra, ma non ha saputo il nome dell’ufficiale che lo ha aiutato fino al 1950. Wilm Hosenfeld è stato successivamente condannato per presunti crimini di guerra e condannato a 25 anni di lavori forzati. Secondo quanto riferito, Hosenfeld ha salvato altri ebrei durante la guerra. L’ufficiale è poi deceduto nel 1952 in un campo di prigionia sovietico. Szpilman, invece, continuò a dedicare la sua vita alla musica fino alla sua morte, avvenuta il 6 luglio del 2000.


IL regista Polański sceglie di raccontare la Storia del Ghetto di Varsavia senza tralasciare nulla (un uomo mangia da terra del cibo, mentre un altro in carrozzina viene lanciato da un terrazzo verso il vuoto perchè incapace di alzarsi di fronte alle SS), non edulcora la materia trattata anzi usa uno sguardo distaccato e amaro, crudo, spietato ma poetico. Il suo occhio documenta con rigore la barbarie dei tedeschi sugli ebrei, mostra le botte, i corpi massacrati e umiliati, la disperazione, le urla di chi viene strappato alla propria casa, alla propria famiglia, a se stesso.

Ma soprattutto il film narra della barbarie umana che è latente in tutti noi e che si risveglia al suonar delle armi...